04 Nov
04Nov

Il lavoro psicoterapeutico deve mirare a ritrovare la vitalità e rimettere in moto gli affetti che, dando “colore” al pensiero, permettono di ritrovare la capacità di immaginare, la fantasia persa con i primi rapporti deludenti. L’interpretazione e la frustrazione devono indurre il paziente ad allearsi non più con le immagini deludenti del passato, ma con l’immagine attuale non deludente del terapeuta; questo gli permette di ritrovare una reattività interna vitale, che si oppone alla distruttivita’, dirigendo la pulsione verso le proprie dimensioni malate per distruggerle, superarle, farle sparire.
Un paziente con un passato di depressione grave, dopo 6 anni di cura sogna di camminare a lungo in una foresta fittissima che non fa passare la luce del sole (la storia della sua depressione); poi arriva in una radura con un ruscello. Nell’ attraversarlo si accorge che l’acqua è calda, e più in là vede passare un puledro al galoppo. (La vitalità ritrovata).
Abbiamo appena descritto un primo importante livello di guarigione in cui si ritrovano la vitalità, il pensiero e gli affetti nel rapporto interumano, ricreando il primo anno di vita.
È necessario riflettere sul fatto che la realtà psichica non è statica...la psicoterapia trasforma il proprio percorso da una modalità circolare, caratterizzata dalla ‘coazione a ripetere’, cioè da quel continuo ricadere sempre nelle stesse dinamiche, a una modalità lineare in perenne sviluppo, anche dopo che la terapia si è conclusa.
Anche se la psicoterapia è un lavoro molto impegnativo, è senz’altro un’esperienza di grande fascino, che consente a chi lo affronta di scoprire dentro di se possibilità e capacita’ mai immaginate, in grado di restituire il gusto della vita e del rapporto con gli altri esseri umani.




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